Italia, le parti si incontrano per riflettere sul “reperimento delle risorse nel ciclismo”
I direttori sportivi professionisti del ciclismo italiano si sono dati appuntamento presso il Devero Hotel di Cavenago Brianza (MB) per il convegno annuale di ADISPRO (Associazione Italiana dei Direttori Sportivi Professionisti) organizzato in collaborazione con la Lega del Ciclismo Professionistico. Fare sistema, avere maggior peso politico ciclistico a livello internazionale, e comprendere il nuovo scenario globale che si sta delineando. Sono stati questi alcuni dei punti affrontati da ADISPRO durante l’assemblea. Il tema di fondo del convegno, moderato dal giornalista della Gazzetta dello Sport Luca Gialanella, era “il reperimento delle risorse nel ciclismo professionistico” ma questo grazie agli interventi degli ospiti e al dibattito che si è creato in sala ha permesso di riflettere in modo più completo sulla situazione attuale del ciclismo italiano.
Dopo i saluti iniziali del presidente ADISPRO Davide Goetz c’è stata la relazione di Stefano Piccolo per la LEGA. Sono stati presentati dati importanti sul movimento ciclistico nazionale, interessante apprendere come è variato il numero e la distribuzione dei professionisti italiani negli ultimi 10 anni. Oggi infatti sono tanti i professionisti che lavorano all’estero. Atleti ma non solo, la gran parte degli staff delle squadre World Tour sono composti da personale italiano. Dati significativi che ribadiscono la necessità di avere nel nostro paese una squadra di “massima serie” per avere più peso all’interno delle istituzioni internazionali e fare da traino al sistema ciclistico tricolore.
A seguire, completa ed esaustiva è stata la relazione di Javier Barrio managing director AIGCP (Associazione Internazionale Squadre Professionistiche) che ha affrontato un tema importante e di grande attualità analizzato lo stato attuale del ciclismo, ciò che la riforma dell’UCI comporterà a partire dal 2020 e quale scenario si delineerà per i team World Tour.
Con il suo intervento il Dott. Valerio De Molli – The European House Ambrosetti – ha invitato alla riflessione attorno al tema se possa esistere “una squadra eccellente di matrice italiana nel ciclismo di oggi”. All’interno di questa relazione si è aperta una discussione sulle modalità di reperire risorse affinché il ciclismo professionistico in Italia trovi una soluzione alle problematiche che il movimento tricolore sta inevitabilmente attraversando. Non si tratta più solo di dare visibilità agli sponsor ma di riuscire a coinvolgerli con progetti atti a valorizzare la squadra come una piattaforma di business, punto questo sottolineato anche da Luca Guercilena general manager Trek-Segafredo, seguendo il modello già intrapreso da altri sport soprattutto all’estero, un aspetto in cui in Italia invece siamo ancora carenti.
Questo inoltre ha portato ad analizzare, con confronti vivaci e costruttivi tra i direttori sportivi presenti, la criticità che si riscontra per le squadre di categoria UCI Professional Continental, che in un sistema come quello attuale e nelle previsioni di cambiamento del 2020, porterà delle difficoltà a questo tipi di formazioni che avranno problemi nel ricevere inviti e ottenere spazio nelle corse del calendario World Tour. La possibilità di fare un calendario di alto livello è ovviamente legata alla di coinvolgere nel progetto dei team sponsor importanti, tema affrontato con i loro interventi dai team manager Gianni Savio (Androni Sidermec) e Bruno Reverberi (Bardiani – CSF) che rappresentano l’espressione del movimeto professional nazionale.
Tra le altre componenti del ciclismo che hanno partecipato al dibattito Gianni Bugno, presidente del CPA, ha relazionato sulla situazione e la prospettiva occupazionale dei corridori evidenziando la necessità di sostenere il vivaio giovanile per assicurare il ricambio generazionale, mentre Alessandra Cappellotto, vice presidente ACCPI oltre al tema della sicurezza ha offerto uno spaccatto del scenario femminile, che deve fare ancora tanto seppur in continua crescita, in cui l’Italia è rappresentata nel World Tour con una squadra, un segnale importante per il movimento rosa.
Nella sessione pomeridiana spazio agli organizzatori, altra componente essenziale del sistema ciclismo assieme a team, istituzioni e sponsor, con l’intervento di Mauro Vegni e del presidente AIOCC (Associazione Internazionale Organizzatori Corse Ciclistiche) Franco Costantino. Vegni ha permesso di avere un’analisi del ciclismo tricolore attraverso gi occhi del principale organizzatore del ciclismo nazionale. Un ciclismo italiano che era il movimento più importante al mondo e che è ora stato sorpassato. Da qui la necessità di fare sistema e ripartire per raggiungere obiettivi comuni. Un team come una grande corsa deve essere considerata a tutti gli effetti un’azienda. Per fare questo bisogna attuare politiche di marketing strategico, creare notorietà e riconoscibilità del brand, uscire dalla dimensione nazionale per farsi conoscere e crearsi una credibilità anche in ambito internazionale. Per coinvolgere gli sponsor bisogna capire quali sono i loro obiettivi. Senza tralasciare la necessità del ciclismo moderno di creare un narrazione comune, che leghi gli eventi in calendario da febbraio a ottobre, e di costruire personaggi capaci di creare interesse dare visibilità mediatica a questo sport.
“Il nostro ciclismo professionistico nazionale – ha chiosato Davide Goetz – è un patrimonio professionale e sportivo tuttora tanto importante, quanto in costante progressivo impoverimento, in termini di numeri e di valore. Sono quattro anni che non siamo più nel World Tour, per un paese come l’Italia non è accettabile, le giornate come quella di sabato servono per mettere al centro questo tema in modo serio e per respingere l’idea dell’ineluttabilità della globalizzazione. Al convegno abbiamo analizzato, insieme a relatori di grande esperienza, cosa manca per legare i grandi investitori al ciclismo, nonché i meccanismi che portano all’approvazione dei regolamenti in sede UCI, con modalità fortemente penalizzanti per il nostro sistema, che per le particolarità sue proprie è tuttora unico al mondo. Non siamo certo noi di Adispro ad avere le possibilità politiche e giuridiche per innestare un’inversione di tendenza, ma facciamo la nostra parte, in Lega e verso la Federazione, chiedendo confronti e stimolando iniziative. La situazione è difficile, noi per quanto compete all’associazionismo facciamo tutto il possibile, perché crediamo che non sia un’utopia l’obbiettivo del professionismo ad altissimo livello, se si riesce a fare sistema e a porsi, al nostro interno e in sede internazionale, in modo più credibile.”
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